I giacinti stanno spuntando
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Hyacinths are blossoming
mercoledì 20 marzo 2013
lunedì 11 marzo 2013
Due anni dopo.
Oggi, nella giornata in cui Google Italia decide di celebrare la nascita di DNA (pace all'anima sua e grazie per tutto il pesce) in Giappone pensano ad altro e fanno i conti con quello che è rimasto.
Il problema della radioattività resta secondario se guardato in sé; il fatto è che la ricostruzione lampo che pareva essere partita subito dopo il disastro non è mai avvenuta. Ricordo bene le foto del prima e del dopo affiancate, a far vedere che in Giappone no, non sono l'Italia; laggiù mica perdono tempo, ricostruiscono tutto.
E invece, nonostante le consultazioni con le università, le valutazioni d'efficacia dei sistemi di decontaminazione e le tecniche messe a punto per portarli a compimento, tutte le operazioni sono in mano alla Kajima Corporation, la più grande impresa di costruzioni del Giappone, che si limita a raccogliere materiale - si parla di decine di milioni di metri cubi - e abbandonarlo in grandi sacchi lungo le strade deserte o a bagnare le strade con le pompe risciacquando le polveri superficiali e impedendo loro di volare ma anche facilitandone la penetrazione nel terreno col rischio concreto di peggiorare irreparabilmente le cose.
La gente è fuggita ma proprio come faremmo noi non regolarizza le variazioni di residenza per non perdere i sussidi statali (come se uno che ha perso la casa e la sua vita di ricordi, affetti, lavoro e famiglia non meritasse di essere aiutato anche se fugge da un'area contaminata da radiazioni; lo biasimereste?) e così intere città sono deserte di fatto ma non nei conteggi ufficiali. Perlomeno si è evitato che il danno si spandesse per anni cone successe a Chernobyl grazie al cibo e all'acqua. Una misera consolazione.
Noi l'abbiamo presto metabolizzato, questo disastro. E' uno dei tanti.
Sì, ok, è enorme, ma la constatazione terribile da fare è che al giorno d'oggi ogni cazzata è tanto spettacolarizzata da passare sui media al pari delle più enormi catastrofi. Tutto è a livello 10. Tutto è pompato al massimo.
Se oggi un'automobile investe un topo (e tornando a DNA ok, lo so, sono gli esseri più intelligenti dell'universo e sarebbe un vero peccato) la notizia, nelle mani del giusto manipolatore, riuscirà a spodestare dagli onori della prima pagina anche un colpo di stato in Canada.
Io però non me lo dimentico.
Ho pochi amici là, e neanche un paio di settimane fa a 150 km da Tokyo c'è stata una scossa tanto forte che anche i nostri sismografi l'hanno avvertita e monitorata come se fosse stata rilevata sul territorio nazionale.
Era una scossa di magnitudo 6.2, trenta secondi di oscillazioni per i grattacieli della capitale giapponese.
Un tweet veloce, la conferma che non c'è niente di cui preoccuparsi. "Non l'ho neanche sentita, ero in strada e camminavo" mi ha tweetato un'amica. Da non crederci.
Ma Fukushima Daiichi è poco più a nord, tutto è ancora precario, tutto diventerebbe una catastrofe se si dovesse abbattere sulla zona un nuovo sisma o anche un nuovo maremoto con onde appena più alte di quei cinque metri e mezzo di muro che avrebbero dovuto proteggere l'impianto. Per dire, all'isola di Gorgona la scorsa settimana erano segnalate onde di cinque metri e non c'era nessun maremoto.
Ma noi in Italia, oggi, se sentiamo la parola "tsunami" ormai pensiamo solo a Beppe Grillo. E' un gioco, anche lo tsunami, una cosa da nulla.
Non per me.
C'ho lasciato un pezzetto di cuore laggiù. Ora è contaminato.
E io oggi penso a quelli che non hanno più nulla.
A quella cinquantina di disgraziati che ha condotto le operazioni d'emergenza a disastro appena avvenuto; persone che moriranno male con l'aggravante tutta giapponese del peso della responsabilità. "Eroi" per una visione americana e occidentale della cosa (perché noi siamo plasmati dai film americani e dalla figura dell'eroe che si fa sbriciolare - restando sempre vivo però - per salvare il mondo) ma "Feccia" per la società giapponese che carica loro addosso tutto il fardello dell'inadeguatezza. In un paese dove i treni spaccano il secondo non si premia chi evita i ritardi, perché fa solo quello che deve fare. Figuriamoci se non previene un disastro.
A noi è sembrato di stare al cinema, l'ennesimo film americano d'azione in proiezione per il weekend. Un po' di gadget, lo spinoff linguistico sui termini "Fukushima" e "Tsunami", poi si passa oltre.
Ditelo a loro, se avete il coraggio.
Diteglielo senza vergognarvi, che non è stato nulla.
Oggi loro sono là, a sfilare per le strade e dimostrare, come non hanno mai fatto in millenni di storia.
Per la loro salute e sicurezza, per quella dei loro figli.
Per un mondo meno delirante.
Perché la gente non dimentichi.
Il problema della radioattività resta secondario se guardato in sé; il fatto è che la ricostruzione lampo che pareva essere partita subito dopo il disastro non è mai avvenuta. Ricordo bene le foto del prima e del dopo affiancate, a far vedere che in Giappone no, non sono l'Italia; laggiù mica perdono tempo, ricostruiscono tutto.
E invece, nonostante le consultazioni con le università, le valutazioni d'efficacia dei sistemi di decontaminazione e le tecniche messe a punto per portarli a compimento, tutte le operazioni sono in mano alla Kajima Corporation, la più grande impresa di costruzioni del Giappone, che si limita a raccogliere materiale - si parla di decine di milioni di metri cubi - e abbandonarlo in grandi sacchi lungo le strade deserte o a bagnare le strade con le pompe risciacquando le polveri superficiali e impedendo loro di volare ma anche facilitandone la penetrazione nel terreno col rischio concreto di peggiorare irreparabilmente le cose.
La gente è fuggita ma proprio come faremmo noi non regolarizza le variazioni di residenza per non perdere i sussidi statali (come se uno che ha perso la casa e la sua vita di ricordi, affetti, lavoro e famiglia non meritasse di essere aiutato anche se fugge da un'area contaminata da radiazioni; lo biasimereste?) e così intere città sono deserte di fatto ma non nei conteggi ufficiali. Perlomeno si è evitato che il danno si spandesse per anni cone successe a Chernobyl grazie al cibo e all'acqua. Una misera consolazione.
Noi l'abbiamo presto metabolizzato, questo disastro. E' uno dei tanti.
Sì, ok, è enorme, ma la constatazione terribile da fare è che al giorno d'oggi ogni cazzata è tanto spettacolarizzata da passare sui media al pari delle più enormi catastrofi. Tutto è a livello 10. Tutto è pompato al massimo.
Se oggi un'automobile investe un topo (e tornando a DNA ok, lo so, sono gli esseri più intelligenti dell'universo e sarebbe un vero peccato) la notizia, nelle mani del giusto manipolatore, riuscirà a spodestare dagli onori della prima pagina anche un colpo di stato in Canada.
Io però non me lo dimentico.
Ho pochi amici là, e neanche un paio di settimane fa a 150 km da Tokyo c'è stata una scossa tanto forte che anche i nostri sismografi l'hanno avvertita e monitorata come se fosse stata rilevata sul territorio nazionale.
Era una scossa di magnitudo 6.2, trenta secondi di oscillazioni per i grattacieli della capitale giapponese.
Un tweet veloce, la conferma che non c'è niente di cui preoccuparsi. "Non l'ho neanche sentita, ero in strada e camminavo" mi ha tweetato un'amica. Da non crederci.
Ma Fukushima Daiichi è poco più a nord, tutto è ancora precario, tutto diventerebbe una catastrofe se si dovesse abbattere sulla zona un nuovo sisma o anche un nuovo maremoto con onde appena più alte di quei cinque metri e mezzo di muro che avrebbero dovuto proteggere l'impianto. Per dire, all'isola di Gorgona la scorsa settimana erano segnalate onde di cinque metri e non c'era nessun maremoto.
Ma noi in Italia, oggi, se sentiamo la parola "tsunami" ormai pensiamo solo a Beppe Grillo. E' un gioco, anche lo tsunami, una cosa da nulla.
Non per me.
C'ho lasciato un pezzetto di cuore laggiù. Ora è contaminato.
E io oggi penso a quelli che non hanno più nulla.
A quella cinquantina di disgraziati che ha condotto le operazioni d'emergenza a disastro appena avvenuto; persone che moriranno male con l'aggravante tutta giapponese del peso della responsabilità. "Eroi" per una visione americana e occidentale della cosa (perché noi siamo plasmati dai film americani e dalla figura dell'eroe che si fa sbriciolare - restando sempre vivo però - per salvare il mondo) ma "Feccia" per la società giapponese che carica loro addosso tutto il fardello dell'inadeguatezza. In un paese dove i treni spaccano il secondo non si premia chi evita i ritardi, perché fa solo quello che deve fare. Figuriamoci se non previene un disastro.
A noi è sembrato di stare al cinema, l'ennesimo film americano d'azione in proiezione per il weekend. Un po' di gadget, lo spinoff linguistico sui termini "Fukushima" e "Tsunami", poi si passa oltre.
Ditelo a loro, se avete il coraggio.
Diteglielo senza vergognarvi, che non è stato nulla.
Oggi loro sono là, a sfilare per le strade e dimostrare, come non hanno mai fatto in millenni di storia.
Per la loro salute e sicurezza, per quella dei loro figli.
Per un mondo meno delirante.
Perché la gente non dimentichi.
mercoledì 6 marzo 2013
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